Chi non ha mai effettuato un reso scagli la prima pietra. Diciamocelo, tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo deciso di ridare indietro un prodotto. Magari siamo anche rimasti in trepidante attesa di quel paio di pantaloni acquistati online. E poi eccolo, finalmente. Il corriere ha suonato! Abbiamo scartato il pacco in preda a una foga irrazionale, abbiamo guardato i nostri nuovi pantaloni, li abbiamo provati e…niente. Assolutamente niente. Non sono come li avevamo immaginati. E così, abbiamo semplicemente fatto quello che dovevamo fare…abbiamo fatto il reso. Ma vi siete mai fermati a pensare a cosa si nasconda dietro ai nostri resi?

Pacchi amazon

Qualche numero sui resi

Ogni giorno, su diverse piattaforme online, vengono effettuate richieste di reso per milioni e milioni di oggetti. E il 95% degli articoli venduti negli e-commerce viene restituito. Il 10% dei resi online viene donato o bruciato. E gli articoli che vengono restituiti devono essere valutati a mano per potenziali danni, quindi lavati a vapore e a secco prima di essere riforniti.  

In media un reso viaggia circa 2000 km, più o meno come un viaggio andata e ritorno tra Trento e Palermo

Solo i resi degli USA creano più di 2 miliardi di rifiuti in discarica e 15 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 in un anno. La stessa quantità di spazzatura prodotta da 5 milioni di persone nello stesso arco di tempo.

Può succedere a chiunque: acquisti un paio di pantaloni, li provi e non ti stanno bene. Ma non c’è problema perché c’è il diritto di reso, spesso gratuito. Ma i resi un costo ce l’hanno eccome. Purtroppo, sono estremamente dannosi sia per i retailers, sia per il Pianeta.

I serial returners: la piaga dei resi

Gli acquirenti più scomodi (e più costosi, tanto per il Pianeta quanto per i retailers) sono i serial returners, ovvero le persone che acquistano e restituiscono oggetti in modo seriale.

Secondo il CEO di Newmine, Navjit Bhasin, esistono quattro tipologie di serial returners:

  1. Acquirenti compulsivi: gli acquisti compulsivi possono essere estremamente redditizi per i retailers di abbigliamento, soprattutto online. Ma quando l’impulso si trasforma in compulsione, le cose si fanno rischiose. Le persone con un’ossessione per gli acquisti spesso si sentono in colpa dopo un acquisto importante e restituiscono i prodotti per alleviare il senso di colpa.

2. Chi acquista per indossare i capi una volta sola. Questa pratica comune è una forma di frode sui resi che si verifica frequentemente per i prodotti di lusso.

3. Chi acquista per realizzare contenuti sui social. Spinti dalla cultura degli influencer e dei social media in generale, alcune persone acquistano e indossano abiti solo per scattare foto da postare. In un’epoca in cui ci si aspetta che ognuno di noi abbia un personal branding, fino al 10% degli acquirenti ammette di acquistare un vestito solo per scattare una foto e rispedirlo. Il costo dei clienti che sfruttano i negozi come “noleggio gratuito” può superare rapidamente il vantaggio dell’acquirente, come conferma la stessa azienda di e-commerce ASOS.

mano che passa un pacco per il reso

4. Chi acquista per provare diverse varianti dei capi a casa. Alcuni acquirenti decidono di acquistare più versioni di un oggetto (diverse taglie, diversi colori, ecc) con l’intento di restituire la maggior parte delle versioni acquistate, trasformando la propria camera in un camerino.

Che fine fanno gli articoli restituiti?

Noi consumatori pensiamo che i resi tornino semplicemente sugli scaffali (reali o digitali) per essere rivenduti. La maggior parte degli articoli restituiti, in realtà, non può essere semplicemente rivenduta come nuova.  

Sarah Needham del Centre of Sustainable Fashion della University of the Arts London afferma che il flusso di merci che va e torna dai clienti ai rivenditori è insostenibile. Sia dal punto di vista economico sia ambientale. “Sappiamo che molti dei prodotti che vengono restituiti finiscono in discarica ancora prima di usarli, il che non fa che aumentare le enormi quantità di oggetti usati che già finiscono in discarica. Questi prodotti utilizzano risorse preziose che stanno diventando scarse e noi le stiamo sprecando inutilmente”

Il paio di pantaloni che hai provato e restituito deve essere gestito in modo diversa da un paio di pantaloni difettati. Molte aziende non hanno nemmeno la tecnologia per gestire queste sfumature nelle merci restituite. Spesso gli conviene svenderle a una frazione del costo originale o mandarle semplicemente in discarica.

Per i brand di lusso, ad esempio, non conviene vendere i prodotti a prezzi scontati (non fa bene all’immagine del brand). Mentre ai brand di prodotti economici semplicemente costa di più ispezionare il reso e renderlo di nuovo vendibile piuttosto che mandarlo in discarica.

Cosa possiamo fare noi?

  • Controlliamo attentamente le taglie e se serve chiediamo ulteriori informazioni sul capo
  • Se dobbiamo fare un regalo, cerchiamo di capire se quel regalo sarà davvero apprezzato da chi lo riceve
  • Se vogliamo acquistare un capo per un’occasione speciale (già coscienti che quel capo poi non lo metteremo più) prendiamo in considerazione il noleggio.
  • Se riceviamo un capo che non ci piace, privilegiamo alternative al reso che diano nuova vita ai prodotti. Possiamo donarli o rivenderli su app, siti o mercatini dell’usato.