La nostra vita è tutta un corri di qua, saltella di là, salta giù poi torna su. È tutto un tran tran infinito. E questi ritmi frenetici ci impediscono di vivere a pieno le nostre esperienze. E con gli abiti la storia non cambia. Ci hanno abituato alla moda dell’usa e getta e non riusciamo a tenerci un vestito per più di una stagione. Compriamo, indossiamo due volte e poi scartiamo. E se invece rallentassimo? Tanto nella vita quanto negli acquisti. Non staremmo tutti meglio? Non apprezzeremmo di più quello che facciamo e quello che abbiamo? La slow fashion punta proprio a questo.

Perché ci serve la slow fashion?

L’industria della moda causa il 20% dello spreco globale di acqua e provoca il 10% delle emissioni di anidride carbonica. E secondo i dati delle Nazioni Unite, solo l’1% viene riciclato, mentre l’85% finisce dritto in discarica. Questa moda veloce e a basso costo è tra i fattori che hanno causato la formazione negli oceani di vere e proprio isole di rifiuti. Al momento se ne contano sei. La più nota è la “Great Pacific Garbage Patch”, situata nell’Oceano Pacifico e le cui dimensioni fanno accapponare la pelle. Si stima infatti che la sua estensione vada dai 700.000 km² ai 10 milioni di km². Nel peggiore dei casi corrisponderebbe agli Stati Uniti d’America.

Mare inquinato

Il movimento slow fashion sta guadagnando forza, guidato da crescenti preoccupazioni ambientali. Secondo la società di ricerche di mercato Mintel, nel 2018 un terzo dei consumatori di moda hanno comprato abbigliamento una volta al mese, una diminuzione del 37% rispetto al 2016, mentre chi acquistava vestiti ogni due o tre mesi o meno è passato dal 64% al 67%.

Che cos’è la slow fashion?

Lo slow fashion (letteralmente “moda lenta”) è un movimento che promuove un modello di produzione sostenibile che si oppone, chiaramente, al fast fashion (leggi questo articolo). Fa parte del Movimento Slow, in inglese “Slow Movement”, il quale sostiene la produzione nel rispetto delle persone, dell’ambiente e degli animali.

Elementi distintivi dello slow fashion riguardano, innanzitutto, la produzione di qualità e la conseguente maggiore durata di utilizzo degli abiti prodotti. Inoltre, di primaria importanza sono gli aspetti emotivi e culturali legati ai capi di abbigliamento prodotti secondo il modello “slow”: secondo questa logica, i consumatori manterranno un capo più a lungo di una stagione se si sentono legati emotivamente o culturalmente a esso.

Slow fashion: rallentiamo come le lumache

Il movimento spinge anche per una maggiore trasparenza delle aziende: molte aziende di moda sostenibile, infatti, rivelano i processi con cui vengono realizzati i loro vestiti e modelli, aiutando gli acquirenti a prendere decisioni di acquisto più consapevoli.

A differenza dei consumatori di fast fashion, i consumatori di slow fashion si aspettano vestiti classici e senza tempo, dando importanza alla versatilità, alla bassa manutenzione e a una qualità superiore.

Ma quanto ci costa?

Il prezzo dei vestiti dello slow fashion varia molto. Dal momento che la definizione è molto ampia, un vestito di seconda mano in un negozio dell’usato del valore di 5 dollari e un abito firmato dal costo di 700 dollari possono essere considerati entrambi parte dello slow fashion. Lo slow fashion ha un costo di produzione diverso e non può produrre tanto in quantità, pertanto, non può competere con i prodotti di massa del fast fashion che utilizza manodopera e risorse a basso costo per massimizzare i profitti.

Questo determina una forte località e l’utilizzo di materie prime, tessuti di alta qualità che provengono da fornitori locali o dal commercio equo-solidale. L’acquisto di prodotti dello slow fashion ha quindi un costo più elevato della media e questo è in controtendenza con il modo in cui, negli ultimi 10 anni, il fast fashion ha abituato i consumatori: acquistare tantissimi prodotti, ma a basso costo.

banconote: il costo della slow fashion

In effetti, l’attuale sistema economico si concentra sulla crescita economica e sulla quantità di venduto (e questo non aiuta la slow fashion) Tuttavia, diversi sondaggi hanno dimostrato che le persone si dicono disposte a pagare di più per i vestiti quando sanno che sono stati prodotti con una fabbricazione priva di sfruttamento (in inglese, sweat-free) e che sia rispettosa dell’ambiente e degli animali.

Perché scegliere la slow fashion?

Optare per una moda lenta, etica e responsabile è un passo imprescindibile per il consumatore. Un piccolo cambiamento delle proprie abitudini può dare dare vita a un enorme miglioramento delle condizioni del pianeta (e quindi anche delle nostre vite!). Anche l’economia ne beneficerebbe, visto che le aziende produttrici non dovrebbero attuare una delocalizzazione dei propri stabilimenti.

Infografica slow fashion

Questo porterebbe inoltre anche alla riduzione dello sfruttamento della manodopera nei paesi meno sviluppati e soprattutto ridurrebbe il lavoro minorile. Risvolti positivi che ci sarebbero quindi anche per lo Stato, che potrebbe dare così più lavoro ai propri cittadini e accelerare l’economia interna. Per non dimenticare che avremmo così capi di qualità nettamente superiore, originali, longevi e che davvero ci rappresentano. Qui vale il detto “Pochi ma buoni” che di solito associamo alle amicizie e alle relazioni, ma credo proprio che valga anche per gli abiti!